Nei contratti di lavoro è spesso inserito un periodo di prova, la cui durata è variabile, stabilita tra le parti, ma nei limiti dei Contratti Collettivi Nazionali per la categoria.
Il periodo di prova è stato istituito per garantire a lavoratore e datore di lavoro di verificare quanto il lavoro proposto sia adatto al soggetto che lo inizia, senza vincolare le parti immediatamente con le formalità di un contratto a tempo indeterminato.
Ciò che caratterizza maggiormente il periodo di prova dal resto del tempo di lavoro e che durante detto periodo le parti possono recedere dal contratto in ogni tempo, senza altra giustificazione se non quella ce il periodo di prova non sia stato superato.
A parte l’abuso che a volte certi datori di lavoro fanno del periodo di prova, sfruttando in realtà speranzosi lavoratori per tutto il tempo loro concesso dai contratti, per poi “lasciarli a casa” senza giustificazione, perchè questo concede loro la legge, la funzione dei periodi di prova è importante per l’inserimento del lavoratore nel mondo del lavoro.
occorre fare attenzione, quando si pattuisce col datore di lavoro la durata del periodo di prova a che, si ripete, lo stesso sia ricompreso nei limiti di tempo di cui ai CCNL applicabili per la categoria.
In secondo luogo occorre precisare che alcuni contratti stabiliscono un tempo massimo in giorni per il periodo di prova, ma mentre per alcune categorie di lavoratori si bada ai giorni lavorativi, per altri si deve fare riferimento ai giorni effettivamente lavorati (Es. se il contratto prevede 4 gg a settimana di lavoro 60 gg. di periodo di prova, in caso di giorni effettivamente lavorati per ogni settimana di lavoro si dovranno sottrarre 4 gg al totale dei 60 gg di prova previsti, e non 5 o 6 gg a settimana).