Nuova stretta della Cassazione sui contratti i lavoro a tempo determinato. La sezione lavoro (sentenza 5240/12, depositata ieri) ribadisce che l’apposizione illegittima della clausola a termine del contratto determina una nullità imperscrittibile, clausola che pertanto può essere impugnata in qualsiasi momento dal lavoratore se il datore non prova – in modo circostanziato – che la risoluzione del rapporto era stata consensuale.
Nel caso specifico la Corte ha accolto il ricorso di un dipendente che aveva lavorato per due mesi a Poste italiane nell’autunno 1999, sulla base di un contratto sottoscritto “per esigenze eccezionali” che l’azienda aveva ritenuto poi risolto per mutuo consenso. Secondo i giudici di merito di Salerno l’interruzione del rapporto era regolare per “l’intervenuta acquiescenza del lavoratore alla cessazione del rapporto”, lavoratore che “non aveva messo le energie lavorative a disposizione della società e aveva accettato il Tfr senza formulare riserve, nonostante la promozione del tentativo obbligatorio di conciliazione non seguita subito dal deposito del ricorso. Ma a giudizio della Cassazione, che ha restituito la causa a un’altra sezione d’Appello, per verificare il mutuo consenso alla risoluzione è necessaria “una chiara e comune volontà di porre fine ad ogni rapporto lavorativo”.
La “mera inerzia del lavoratore” dopo la scadenza del contratto, in sostanza, non basta così come l’incasso del Tfr e la mancata offerta della prestazione lavorativa “trattandosi di comportamenti entrambi non interpretabili per assoluto difetto di concludenza”.
E trattandosi di azione di nullità imperscrittibile l’impugnazione può arrivare, come in questo caso, anche sei anni dopo la fine del contratto a termine.
Sentenza Cassazione Civile 15/07/11 n. 15610
“In tema di somministrazione di manodopera, il controllo giudiziario sulle ragioni che la consentono è limitato all’accertamento della loro esistenza, non potendosi esso estendersi, ai sensi dell’art. 27, comma 3, d.lg. n. 276 del 2003, al sindacato sulle valutazioni tecniche ed organizzative dell’utilizzatore, il quale è tenuto a dimostrare in giudizio l’esigenza alla quale si ricollega l’assunzione del lavoratore, instaurandosi, ove tale onere sia soddisfatto, un rapporto a tempo indeterminato con l’utilizzatore della prestazione”.