Il Tribunale di Roma, con ordinanza dell’11 maggio 2002, aveva sollevato, in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost., una questione di legittimità costituzionale dell’art. 2059 cod. civ. Tale norma secondo il giudice rimettente avrebbe escluso la risarcibilità del danno morale nel caso in cui la responsabilità dell’autore del fatto illecito fosse accertata in base ad una presunzione di legge (2054c.c.) e non in base all’oggettiva ricostruzione del fatto. Con una sentenza interpretativa di rigetto (n. 233 dell’11 luglio 2003) la Corte Costituzionale, ha ora chiarito che nella previsione della norma di cui all’art. 2059 c.c. deve ricomprendersi “ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona: e dunque sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”. L’art. 2059 cod. civ. deve essere quindi interpretato, conclude la Corte, nel senso che “il danno non patrimoniale, in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato, è risarcibile anche nell’ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell’autore del fatto risulti da una presunzione di legge”.