Il Giudice unico delle pensioni per il Lazio si pronuncia sul riconoscimento a fini pensionistici dei periodi corrispondenti alla maternità obbligatoria maturati al di fuori del rapporto di lavoro di cui all’art. 25 del D.Lgs 151/2001. In particolare, tale disposizione, al comma 2, prevede che “in favore dei soggetti iscritti al fondo pensioni lavoratori dipendenti e alle forme di previdenza sostitutive ed esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, i periodi corrispondenti al congedo di maternità (…) verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, sono considerati utili ai fini pensionistici, a condizione che il soggetto possa far valere, all’atto della domanda, almeno cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro”. La disposizione, rileva il Giudice, ha formato oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali circa il significato da attribuire al termine “iscritti” utilizzato per identificare la platea degli aventi diritto al riconoscimento, fermo restando il requisito dei cinque anni di contribuzione versata in costanza di rapporto di lavoro. Ebbene, con la sentenza in rassegna, l’Organo di giustizia ritiene di aderire all’impostazione che considera essenziale, ai fini del riconoscimento del diritto alla contribuzione figurativa, la sussistenza della condizione di “attuale” iscrizione ad una gestione previdenziale, in applicazione dei principi generali in materia di decadenza (art. 147, DPR 1092/1973), che pongono il limite del pensionamento rispetto ad ogni domanda di computo di periodi assicurativi. È vero, spiega il Giudice, che, le Sezioni Riunite della Corte dei conti si sono pronunciate nel senso della irrilevanza, ai fini de quibus, della costanza o meno del servizio. Tuttavia, tale orientamento deve ormai ritenersi superato per effetto della L. Finanziaria n.244/2007, che all’art. 2, comma 504, recita testualmente: “le disposizioni degli articoli 25 e 35 del citato testo unico di cui al D Lgl 151/2001 si applicano agli iscritti in servizio alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo (…)”. Si tratta, invero, come ha anche affermato la Corte costituzionale, di una disposizione avente portata chiaramente interpretativa ed in quanto tale essa ha senz’altro natura di norma retroattiva. Ne consegue, dunque, che, ai fini del riconoscimento della contribuzione figurativa, la necessità di entrambi i requisiti posti dall’art. 25 cit., e cioè che il lavoratore abbia prestato un periodo contributivo minimo e che sia in attività di servizio, atteso che solo chi si trovi in questa condizione può versare i contributi.