Il Tribunale amministrativo palermitano, con l’ordinanza in commento, ha accolto l’istanza cautelare di sospensione avanzata da due “aspiranti” avvocati, la cui prima prova scritta era stata annullata dalla Commissione a causa della presenza negli elaborati di stralci di una sentenza delle Sezione Unite, fondamentale ai fini della risoluzione della traccia oggetto di prova.
E’ stata, quindi, sconfessata l’impostazione accolta dalla Commissione di esami secondo cui la riproduzione di frasi e concetti in maniera pressoché uguale o con una rielaborazione servile e meramente imitativa del testo di una sentenza dimostrerebbe automaticamente il possesso da parte del candidato di materiale non autorizzato, legittimando, dunque, l’annullamento della prova.
Ed invero, l’utilizzo di massime giurisprudenziali e il rispetto dell’iter-logico giuridico di una sentenza appare coerente con la realizzazione di un parere pro veritate; conseguentemente, laddove gli stralci delle sentenze “incriminate” siano comunque contenute in codici ammessi, la Commissione non può per ciò solo ritenere che si sia fatto uso di materiale non autorizzato.
In quest’ottica, volendo colmare con il sostrato normativo di riferimento la laconica motivazione dell’ordinanza non può non tacersi come il modus operandi della Commissione di esami – oramai divenuto una prassi consolidata – si ponga in forte distonia con gli articoli 21 e 23 del R.D. 22.1.1934 n. 37.
Più precisamente, con riferimento all’art. 23, ultimo comma, del R.D. 22.1.1934 n. 37, il Tribunale sembrerebbe voler ricordare alla Commissione che, nell’esercizio del suo potere di annullamento della prova, essa ha l’obbligo di effettuare un accertamento del fatto puntuale e preciso verificando che il candidato abbia copiato da “materiale non autorizzato”, posto che l’utilizzo di stralci di massime menzionate in codici ammessi, ex art 21 del citato R.D., non equivale de plano a provare il comportamento fraudolento del candidato e la mancanza di una idonea motivazione sul punto rischia di trasmutare in arbitrio il potere discrezionale della Commissione.