Chiamate a comporre il contrasto insorto in seno alle sezioni semplici con riferimento alla esatta individuazione dei limiti posti al potere di rilevazione d’ufficio della nullità del contratto di cui all’art. 1421 c.c.., le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che si segnala, hanno chiarito che il magistrato deve sempre indicare alle parti le questioni rilevabili di ufficio, tra le quali senza dubbio vi è la nullità del contratto e che, a seguito alla segnalazione da parte dell’autorità giudiziaria, le parti non solo avranno la possibilità di formulare la domanda che ne sia conseguenza, ma potranno anche convertire o cumulare l’eventuale domanda di risoluzione con l’azione di nullità. Precisamente, gli Ermellini, ribadendo l’orientamento espresso dalla Cassazione in un precedente del 2005 (n. 21108), hanno precisato che il giudice che ritiene, dopo l’udienza di trattazione, di sollevare una questione rilevabile d’ufficio e non considerata dalle parti, deve sottoporla loro con l’obiettivo di provocare un contraddittorio sul punto e permettere di svolgere le relative difese. La omessa segnalazione rappresenta una violazione del dovere di collaborazione e determina la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa. Qualora poi la violazione si sia verificata nel giudizio di primo grado, la sua domanda in appello accompagnata dalla indicazione delle attività processuali che la parte avrebbe potuto porre in essere, cagiona, se fondata, non già la regressione al primo giudice, ma, in forza del disposto dell’articolo 354 comma quarto Cpc, la rimessione in termini per lo svolgimento nel processo d’appello delle attività il cui esercizio non è stato possibile. La Corte, dunque, soffermandosi anche sugli effetti del giudicato, ha osservato che qualora, dopo il rilievo officioso sia stata formulata, tempestivamente o previa rimessione in termini, domanda volta all’accertamento della nullità e ad eventuali effetti restitutori, la statuizione sul punto, se non impugnata, avrà effetto di giudicato. Ove, invece, il giudice abbia omesso di rilevare la nullità del contratto e l’omissione viene fatta valere in sede di appello, il giudice di secondo grado dovrà rimettere in termini l’appellante. Inoltre, il giudicato implicito sulla validità del contratto, secondo il paradigma in uso, potrà formarsi tutte le volte in cui la causa relativa alla risoluzione sia stata decisa nel merito con esclusione delle decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della validità del contratto.
In conclusione, la Corte, componendo il contrasto di cui si è detto, ha affermato il principio di diritto secondo cui il giudice di merito ha il potere di rilevare, dai fatti allegati e provati o emergenti ex actis, ogni forma di nullità non soggetta a regime speciale e, provocato il contraddittorio sulla questione, deve rigettare la domanda di risoluzione, volta ad invocare la forza del contratto. Pronuncerà con efficacia idonea al giudicato sulla questione di nullità ove, anche a seguito di rimessione in termini, sia stata proposta la relativa domanda. Nell’uno e nell’altro caso dovrà disporre, se richiesto, le restituzioni.