844. Immissioni
Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se
non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi (890, Cod. Pen. 674).
Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.
Da trent’anni nelle vertenze giudiziarie per immissioni di rumore nelle abitazioni i Giudici hanno applicato come “normale tollerabilità” dell’art. 844 del codice civile il limite massimo di 3 dB oltre il rumore di fondo. Le misurazioni deI CTU del rumore disturbante e del rumore di fondo (in assenza del rumore disturbante) sono state di livello sonoro istantaneo, senza applicare alcun limite “assoluto” minimo alla validità del limite dei 3 dB e per qualsiasi tipo di sorgente del rumore lamentato.
La nuova legge n. 13 del 27 Febbraio 2009 (in vigore dal 1° Marzo) modifica il limite della “normale tollerabilità” e rinvia alle “disposizioni di legge e di regolamento vigenti” che sono principalmente la Legge sull’inquinamento acustico n. 447/95 ed il D.P.C.M. 14/11/97 “Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”. Questo decreto all’art. 4 stabilisce i limiti del rumore immesso nelle abitazioni come differenza massima tra il rumore disturbante (ambientale) ed il rumore senza disturbo (residuo) soltanto per le “attività produttive, commerciali e professionali” che sono gran parte dei casi di vertenza giudiziaria ai quali, quindi, questo criterio differenziale dovrebbe applicarsi.
I nuovi limiti più permissivi sono un vantaggio per coloro che generano rumore, come le aziende industriali ed i locali pubblici con musica di notte.
Ma sono preoccupanti perché per i cittadini non c’è più la tutela giudiziaria che finora c’è stata e perché potrebbe esservi minore richiesta di insonorizzazioni.
Negli altri casi, di rumore prodotto da attività domestiche, come vociare, TV, calpestio, trascinamento di sedie o feste private, non essendo attività produttive, commerciali o professionali, il suddetto limite del decreto non si applica. Quindi appare logico che si applichi il vecchio limite della tollerabilità di non più di 3 dB oltre il rumore di fondo.
Ma questo significa che per le attività produttive, commerciali o professionali il limite massimo del rumore è maggiore, cioè più permissivo, rispetto al limite massimo per le attività domestiche.
Giurisprudenza:
La disposizione dell’art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condomino nell’ipotesi in cui un condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale, cui è informato l’art. 844 citato, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali (v. Cost., artt. 14, 31 e 47) le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva ordinato la rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e gli odori prodotti dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel fabbricato condominiale).
* Cass. civ., sez. II, 15 marzo 1993, n. 3090, Cannata c. Pizzo.
La norma dell’art. 844 è applicabile anche ai rapporti tra i condomini di uno stesso edificio, quando uno di essi, nel godimento della cosa propria od anche comune, dia luogo ad immissioni moleste e dannose nella proprietà dell’altro.
* Cass. civ., 20 febbraio 1969, n. 570.
Ai fini della valutazione della liceità delle immissioni, l’art. 844 cod. civ. enuncia tre diversi criteri, di cui due obbligatori ed uno facoltativo e sussidiario: i criteri obbligatori sono quelli della normale tollerabilità e del contemperamento delle ragioni della proprietà con le esigenze della produzione, mentre il criterio facoltativo è quello della priorità dell’uso.
* Cass. civ., sez. II, 20 dicembre 1985, n. 6534, Dei A. c. Dei M.
Qualora i condomini, con il regolamento di condominio, abbiano disciplinato i loro rapporti reciproci in materia di immissioni con norma più rigorosa di quella dettata dall’art. 844 c.c., che ha carattere dispositivo, della liceità o meno della concreta immissione si deve giudicare non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì dal criterio di valutazione fissato nel regolamento (nella specie trattavasi dell’installazione di una tipografia nonostante che il regolamento facesse divieto di svolgere attività rumorose od emananti esalazioni nocive).
* Cass. civ., sez. II, 4 febbraio 1992, n. 1195.
La protezione della proprietà da immissioni dannose è concessa dagli artt. 949 e 844 cod. civ. anche nei rapporti tra condomini di uno stesso edificio quando uno di essi, nel godimento della cosa propria o comune, dia luogo ad immissioni moleste e dannose nella proprietà di altro condomino, facendo sorgere in colui che subisce l’immissione dannosa, il diritto al risarcimento del danno e ad una declaratoria giudiziale che sanzioni l’illegittimità delle immissioni.
* Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 1982, n. 448, Leotta c. Greco.
La domanda di condanna all’eliminazione delle immissioni intollerabili di rumori, fumi e vibrazioni derivanti da una centrale per la produzione di energia elettrica, proposta dal proprietario di un fondo adiacente alla stessa, appartiene alla cognizione del giudice ordinario, in quanto, pur potendo comportare la chiusura di detta centrale, essa è diretta alla tutela di diritti soggettivi (proprietà e salute), che si assumono lesi dalle modalità di attuazione della produzione di energia, non già alla soppressione del relativo servizio pubblico.
* Cass. civ., Sezioni Unite, 29 luglio 1995, Soc. Sep. c. Mazzella.
Sebbene l’art. 844 c.c. contenga un elenco esemplificativo delle immissioni suscettibili di divieto, posto che, in esso, dopo l’espressa menzione di alcune di tali immissioni seguono le parole “e simili propagazioni” , tuttavia il carattere eccezionale dei limiti posti alla estrinsecazione del diritto di proprietà fa sì che la tassatività sussiste nel genus, se non nella species. Pertanto, la norma è passibile di applicazione, per interpretazione estensiva, ad ipotesi che presentino tutti i seguenti requisiti: 1) materialità dell’immissione, cioè che essa cada sotto i sensi dell’uomo ovvero influisca oggettivamente sul suo organismo (per esempio, radiazioni nocive) o su apparecchiature (per esempio, correnti elettriche e onde elettromagnetiche); 2) carattere indiretto o mediato dell’immissione, nel senso che essa non consista in un facere in alienum, ma costituisca ripercussione di fatti compiuti, direttamente o indirettamente dall’uomo, nel fondo da cui si propaga; 3) attualità di una situazione di intollerabilità, non semplice pericolo di essa, derivante da una continuità, o almeno periodicità, anche se non a intervalli regolari, dell’immissione. Questi requisiti non ricorrono nell’ipotesi in cui aggetti di gronda e tubazioni di raccolta delle acque piovane sporgano oltre la linea di confine.
* Cass. civ., sez. II, 7 settembre 1977, n. 3889.
La possibilità di eliminare o di ridurre la immissione con l’adozione di idonei accorgimenti tecnici può influire nella valutazione della tollerabilità delle immissioni stesse, nel senso di far considerare intollerabile ciò che può essere eliminato senza soverchio sacrificio e con mezzi normali; ma ciò non consente di affermare, in via di illazione, che possano valutarsi con minor rigore quelle immissioni rispetto alle quali ogni rimedio sia stato adottato e si sia rivelato, o non possa che rivelarsi, inutile, ciò perché l’adozione di accorgimenti tecnici non rileva, in relazione al suo costo, sul piano della valutazione della normale tollerabilità delle immissioni bensì, in relazione alla sua efficienza (o, al più, in relazione al rapporto tra il suo costo e la sua efficienza, ed impregiudicato restando, il caso di totale o parziale inefficienza, il rimedio dell’indennizzo) sul piano della decisione circa i rimedi e le misure da adottare.
* Cass. civ., 10 ottobre 1975, n. 3241.
Sia la norma dell’art. 844 cod. civ. e sia quella dell’art. 890 dello stesso codice sono ispirate all’esigenza di contemperare le ragioni della proprietà con le necessità economico-sociali, con potere del giudice di stabilire i rispettivi limiti; mentre l’art. 844 tende a tutelare la proprietà delle immissioni, il successivo art. 890 ha un più vasto campo di applicazione, estendendo la sua previsione a tutti i casi in cui le immissioni sono tali da provocare anche soltanto il pericolo di pregiudizio alla stabilità di un immobile o alla salubrità del luogo.
* Trib. civ. Napoli, 18 luglio 1983, Longo c. Spa Italsider, in Arch. civ. 1984, 770.
Il problema dell’interpretazione analogica dell’art. 844 c.c. in ipotesi in cui sia stata (esclusivamente) proposta azione ex art. 2043 c.c. è in realtà (ai fini di causa) un falso problema, perché quando l’attore si limita ad agire contro l’autore delle immissioni per la loro eliminazione è chiaro che egli svolge solo un’azione personale inquadrabile nell’azione di risarcimento in forma specifica di cui all’art. 2058 c.c.
* Corte app. civ. Milano, sez. IV, 17 luglio 1992, n. 1351, Di Corleto c. Rimini e altri e Soc. Negri Immobiliare, in Arch. loc. e cond. 1993, 496.