Il caso. Una donna si rivolge al Tribunale affermando di aver stipulato un preliminare di vendita per l’acquisto di un terreno e di essersi servita della mediazione dell’agenzia immobiliare del venditore versando all’atto della sottoscrizione del negozio una parte del prezzo a quest’ultimo a titolo di caparra ed una somma al mediatore come onorario. Al momento della stipula dell’atto definitivo, però, il notaio riscontra che il bene era gravato da un’ipoteca giudiziale. A fronte di questa circostanza la donna presenta denuncia per truffa alla Autorità Giudiziaria nei confronti del mediatore per averla indotta in modo pressante a concludere l’accordo garantendole la piena liberà dell’immobile da pesi e vincoli. In sede civile,la ricorrente chiede invece il rimborso di quanto ha versato al mediatore ed il risarcimento del danno subito. Il professionista, costituendosi in giudizio, chiama in causa la proprietaria del terreno ed afferma di aver garantito che l’immobile era lbero sulla base di dichiarazioni rese per iscritto dalla venditrice.
Il Tribunale ha respinto la domanda dell’acquirente ma la decisione è stata riformata in appello e confermata dalla Corte di Cassazione.
Il giudice di legittimità in particolare ha affermato che il mediatore non è tenuto, in mancanza di un incarico particolare, a svolgere, nell’adempimento della sua prestazione, specifiche indagini di natura tecnica-giuridica che competono normalmente al notaio. Tuttavia, l’incaricato è comune tenuto ad un “obbligo di corretta informazione secondo il criterio della media diligenza professionale” che comprende anche l’obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza che si richiede al mediatore ed, in negativo, il divieto di fornire informazioni su circostanze che non abbia controllato. E’ proprio questo basarsi solo sulle dichiarazioni della venditrice, conlcude la Corte di cassazione, che determina una sua responsabilità professionale “correlata alla violazione dell’obbligo di corretta informazione” al cliente (Corte di Cassazione n. 19095/2011).