“Una lettera di messa in mora trasmessa a mezzo lettera raccomandata, anche in mancanza di avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall’ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., salvo prova contraria, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione anzidetta e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo all’indirizzo del destinatario e di conoscenza dell’atto”.
La Cassazione, con la sentenza n. 26708 del 28 novembre 2013, traccia nuovamente i profili applicativi dell’art. 1335 c.c._
Come noto, la disposizione in parola, stabilisce una presunzione di conoscenza valida per ogni dichiarazione recettizia (es. proposta, revoca, accettazione, ecc.) che si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. La decisione in oggetto prende le mosse da un procedimento di esecuzione avviato da un Condominio nei confronti di due suoi condomini morosi delle spese condominiali. Questi ultimi, ricevuta la notifica del decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, proponevano opposizione nei confronti dell’ingiunzione. Il Giudice di prime cure, nonostante la sospensione dell’immediata esecuzione concessa, ha ritenuto, al termine del giudizio, di respingere l’opposizione revocando l’ordinanza di sospensione e condannando gli attori in opposizione al pagamento di tutte le spese di giudizio. I due condomini proponevano appello al Tribunale avverso tale decisione. Il motivo principale di doglianza verteva sulla ritenuta errata applicazione dell’art. 649 cpc in merito all’esecutività del decreto opposto. Veniva altresì denunciata una carente motivazione in merito alla presunzione di conoscenza che il Giudice aveva attribuito agli appellanti dell’atto di costituzione in mora trasmesso a suo tempo dal Condominio. Ad avviso degli appellanti non poteva essere applicato l’art. 1335 cc poichè, secondo la tesi sostenuta con il ricorso, il mancato ritiro della diffida stragiudiziale entro il termine di compiuta giacenza e la conseguente restituzione al mittente della missiva, non sarebbe sufficiente a fornire la prova dell’arrivo della raccomandata al loro indirizzo. Il Tribunale non ha ritenuto di accogliere l’appello dei due condomini. A questo punto uno dei propietari proponeva ricorso alla Corte di Cassazione. Con l’impugnazione, il ricorrente lamentava, da un lato, l’omessa pronuncia relativa ad alcune istanze proposte in sede di gravame, dall’altro, la violazione ed errata applicazione dell’art. 1219 cc per quanto concerne la prova dell’avvenuta ricezione dell’atto di costituzione in mora. Tuttavia, anche in sede di legittimità la tesi sostenuta dall’unico ricorrente ancora in causa non è stata accolta dai Giudici della Suprema Corte. Gli ermellini nella sentenza in oggetto evidenziano, innanzi tutto, che l’atto di costituzione in mora del debitore non è vincolato a particolari modalità di trasmissione, né alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari. Da ciò deriva che qualora la costituzione in mora è affidata al servizio postale tramite raccomandata, la sua ricezione da parte del destinatario può essere provata anche sulla base di presunzioni quando è pervenuta al suo indirizzo, mentre è onere di quest’ultimo fornire la prova di non averne avuta notizia senza sua colpa. Fondamentale è comprendere che la ricevuta di spedizione dall’ufficio postale costituisce, anche in mancanza dell’avviso di ricevimento, prova certa della spedizione. Da tali considerazioni discende la presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., presunzione relativa, dunque,e quindi soggetta a prova contraria, ma pur sempre fondata su univoche e concludenti circostanze (la spedizione e la regolarità del servizio postale) (cfr. sul punto Cass. n. 13488/2011, Cass. n. 12954/2007).